San Tommaso d’Aquino, soprattutto in ambienti di femminismo radicale, è spesso accusato di misoginia e, considerando la sua enorme influenza sul pensiero cattolico (basti qui ricordare i nn.. 43 e 44 dell’enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II), tale accusa è amplificata, coinvolgendo l’intero magistero e la prassi della Chiesa.
In considerazione di ciò, può risultare utile ritornare ai testi per una loro precisa lettura e per un’interpretazione priva di pregiudizi, capace di cogliere i temi fondamentali della riflessione del santo e i differenti livelli sui quali essa si articola.
L’accusa di misoginia è mossa in modo particolare con riferimento alla Questione 92 della Prima Parte della Somma Teologica, testo in cui san Tommaso affronta esplicitamente il tema dell’origine della donna, fornendo una visione complessiva che, indubbiamente, è ben lontana da un pieno riconoscimento dell’uguale valore dei due sessi.
Si deve, tuttavia, rilevare, per quello che si riferisce alle argomentazioni di ordine scientifico, che la biologia di cui san Tommaso disponeva era ancora quella aristotelica, basata sulla semplice osservazione ad occhio nudo e su concezioni qualitative.
D’altra parte, le sue affermazione sui rapporti tra l’uomo e la donna e sui loro rispettivi ruoli devono essere collocate in un contesto socio- culturale incentrato sulla preminenza maschile, capace di far sentire la sua influenza anche sulla lettura dei testi sacri.
Ciò significa che l’accusa rivolta a san Tommaso deve, in realtà, configurarsi come il riconoscimento del lento e faticoso cammino con cui, nella storia, si è giunti ad un’antropologia inclusiva, attenta all’uguale dignità dell’uomo e della donna ed aderente alle chiare parole di Gn 1,27.
Non si deve, però, trascurare, per una valutazione corretta del pensiero di san Tommaso, quello che è possibile rinvenire nel testo immediatamente successivo alla tanto discussa Questione 92, ovvero nella 93, dedicata ad interrogarsi sulla presenza dell’immagine di Dio nell’essere umano, perché a partire da qui la riflessione teologica e filosofica si può aprire su ulteriori prospettive, ancora oggi indubbiamente feconde.
Innanzi tutto, è chiaramente affermato che “propriamente parlando, solo le creature intellettuali sono a immagine di Dio” (Q. 93, a. 2, c.), collocando così l’immagine di Dio nel possesso di quella natura umana che è caratterizzata dalle capacita dell’intelligenza e della volontà libera., ovvero dalla spiritualità.
Sempre nello stesso testo, compare dopo poco (Q. 93, a. 4, ad 1) un’affermazione che risulta di cruciale importanza, poiché si legge esplicitamente che “Sia nell’uomo che nella donna si trova l’immagine di Dio quanto all’elemento principale che la costituisce, cioè quanto alla natura intellettiva”.
Tale certezza è ribadita anche in seguito (Q. 93, a. 6, ad 2) quando san Tommaso, proseguendo l’indagine sull’immagine di Dio, sottolinea che “quell’immagine è comune ai due sessi, essendo secondo la mente, in cui non c’è distinzione di sesso”.
Come si può facilmente constatare siamo qui proprio nel cuore dell’antropologia tomista, sia teologica, come è evidente, che filosofica perché il riferimento alla natura intellettiva è quello che consente di differenziare l’essere umano da tutti gli altri.
E’, pertanto, denso di significato che proprio su questo livello, e non su quello delle affermazioni condizionate storicamente e culturalmente, venga evidenziata l’uguaglianza dell’uomo e della donna nella loro identica natura spirituale che riflette, tanto nell’uno, quanto nell’altra, l’immagine del Creatore.
In san Tommaso il riferimento alla differenza sessuale è, come si vede, estremamente succinto, ma tocca il punto essenziale sul quale anche oggi è necessario portare l’attenzione se si vuole fondare l’uguale valore dell’uomo e della donna non su fattori storicamente contingenti, ma sulla verità della loro natura spirituale che li rende immagini di Dio e, dunque, soggetti di dignità e di valore assoluti.
Giorgia Salatiello