Marta Rodríguez*
Spagnola, consacrata nel movimento apostolico Regnum Christi,
direttrice dell’Istituto Superiore di Studi sulla Donna
presso l’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
Sembra che il cuore di Papa Francesco sia particolarmente sensibile ad alcuni temi. Tra tanti altri, due sono ricorrenti: la donna e la vita consacrata. Della donna, il Papa ha parlato in diverse occasioni, suscitando ogni volta interesse e domande. Ha chiesto una rinnovata teologia della donna e di aprire al suo contributo specifico gli spazi decisionali della Chiesa, spazi che hanno bisogno del suo sguardo e della sua prospettiva. Ha chiesto la rinnovata testimonianza della vita consacrata e la gioia di appartenere a Cristo ed ha dedicato quest’anno 2015 a celebrare il dono della vita consacrata nella Chiesa. Credo che tra questi due temi, vita consacrata e donna, ci sia un’intima connessione.
Una connessione viene dal fatto che entrambi sono temi fortemente messi in discussione. Parlando della donna, non è affatto chiaro per la cultura che cosa le appartenga in modo specifico: come si definisca la femminilità e quali siano i suoi tratti distintivi. Si mette perfino in dubbio lo stesso concetto di donna, proponendo un modello di essere umano che possa definire sé stesso con una libertà assoluta, al di sopra di ogni identità sessuale determinata.
Dall’altra parte, anche la vita consacrata ha subito una forte contestazione. Come segnala il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa1, questa contestazione nasce in primis come una manifestazione di una crisi antropologica più profonda: “Questo gioco di contrasti si riflette inevitabilmente sul piano della progettazione del futuro, che è visto — da parte dei giovani — in un'ottica conseguente, limitata alle proprie vedute, in funzione d'interessi strettamente personali (l'autorealizzazione). (…) È, in altre parole, una sensibilità e mentalità che rischia di delineare una sorta di cultura antivocazionale. Come dire che nell'Europa culturalmente complessa e priva di precisi punti di riferimento, simile a un grande pantheon, il modello antropologico prevalente sembra esser quello dell'«uomo senza vocazione».
Allora, sia la donna che la vita consacrata sono bersaglio di forti attacchi. Ma credo che ci sia un altro legame tra donna e vita consacrata. Questo legame si esprime in due tesi: la prima è che per le donne consacrate, la femminilità deve arricchire la consacrazione e la consacrazione arricchire la femminilità. La seconda tesi è che per il mondo, la testimonianza delle donne consacrate può illuminare l’identità e la missione della donna oggi.
La femminilità vissuta pienamente arricchisce la consacrazione, perché la vita consacrata non può essere mai una repressione o una negazione della propria identità sessuale. Questo non sempre è stato insegnato nel modo giusto: come se la sessualità fosse qualcosa da affogare, nascondere o data per scontata. Credo che ogni repressione non possa che provocare amarezza.
Invece, una donna che accetta e vive integralmente il suo corpo, è pronta per esprimere nel silenzio della sua sessualità la propria opzione e appartenenza. È consapevole che il linguaggio del corpo è un linguaggio di amore, e che ogni suo gesto e ogni suo silenzio parla di questo amore. Vive i cambiamenti del proprio corpo di donna e i ritmi della sua fecondità fisica come una gioiosa oblazione, certa che questa offerta silenziosa la renda feconda ad un altro livello. Si sente in qualche modo “incinta del mondo”, partorendo figli con il suo “sì” verginale, perennemente fecondata dallo Spirito nel suo cuore e quindi in ogni cosa che fa, anche le più nascoste.
Una donna che vive a fondo la propria femminilità sa che non può rinunciare al desiderio di vivere per lo sguardo di qualcuno, al desiderio di essere bella, ed orienta questo suo desiderio naturale per attirare lo sguardo di Dio, unico sguardo che le rivela chi è e la rende bella, allo stesso tempo. Questa donna riconosce, accoglie ed eleva i suoi istinti e tendenze rinnovando, davanti alla bellezza ed attrazione naturale verso le creature, la sua opzione radicale per la Bellezza stessa, scoprendo in esse delle icone che le parlano dell’Amore per il quale vive. Ancora di più: abbraccia allo stesso tempo tutta la bellezza e la sofferenza del mondo e, accogliendola, la eleva e la consacra a Dio nel suo cuore, in un intimo e continuo gesto sacerdotale.
Una donna, che sa che è fatta per essere sposa e madre, scopre nella castità consacrata un modo misterioso però reale di sviluppare ogni sua potenzialità affettiva, ogni risorsa del suo essere donna. Sa che la donna è cuore della famiglia, e per questo cerca innanzi tutto di fare del suo stesso cuore una casa dove il Signore trovi conforto e sollievo, e fa famiglia in ogni ambiente dove si muove. Così, più vive la sua identità di donna, più ricca diventa la sua consacrazione. E più a fondo vive la sua consacrazione, più sviluppa la sua femminilità.
Questo tipo di donna ha molto da dire alle donne di oggi. La donna consacrata le ricorda il significato del corpo e della sessualità. In una cultura che considera il corpo come un oggetto da utilizzare a piacere, la donna consacrata ricorda la dignità preziosa del corpo, e che non si tratta di essere libere “dal” corpo, ma liberi “nel” proprio corpo, accettato e accolto così come è. In un mondo che fugge dal dolore e dal sacrificio, la loro oblazione è un ricordo vivente che amore e dolore, specialmente nella donna, vanno sempre mano nella mano. In una mentalità che ha fatto del figlio un oggetto di soddisfazione dei propri desideri, la maternità spirituale ricorda che il fondamento di ogni fecondità è il dono di sé e l’oblazione totale, e che ogni figlio è partorito con il proprio dolore e le proprie lacrime. Così, la verginità illumina la maternità, e solo la maternità spiega il mistero profondo della verginità.
In una cultura ossessionata dalle quote rosa e dal poter raggiungere i vertici di carriera, la donna consacrata ricorda che non ci definisce ciò che facciamo né quanto guadagniamo, ma chi siamo. Le ricorda che la donna, se lo è pienamente, umanizza quanto tocca, sia dai vertici di maggiore responsabilità (che sicuramente hanno bisogno della sua prospettiva) che dalle posizioni più discrete.
Che questo sia un anno in cui le donne consacrate riscoprano la bellezza della loro femminilità e della loro consacrazione.
1 Documento finale del Congresso sulle Vocazioni al Sacerdozio e alla Vita Consacrata in Europa, 1997, a cura delle Congregazioni Pontificie per l'Educazione Cattolica, per le Chiese Orientali, per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.