Zanetti scrive sull'Osservatore Romano

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Publichiamo sul nostro sito l'articolo firmato da Javier Zanetti* comparso nell'Osservatore Romano num 153 dell' 7-8 luglio, dedicato al mondiale di calcio e al Fair Play.

Da una lacrima sul viso

 

Ha pesato la storia. Sono stati dei quarti di finale equilibrati e in ognuna delle quattro partite hanno prevalso non solo la tecnica e la tattica: in campo è entrata anche la forza del passato, l’esperienza, la tradizione, la capacità di gestire la pressione. In sintesi: la storia di quattro nazionali che hanno vinto mondiali o che, è il caso dell’Olanda, hanno comunque già giocato semifinali e finali. In palio c’era tantissimo e, naturalmente, s’è vista anche un po’ di paura in campo; perciò chi è riuscito a passare in vantaggio ha poi maggiormente pensato a gestire l’incontro.

Il Brasile mi ha colpito molto per come sta migliorando nel corso del torneo: è una squadra quadrata e, allo stesso tempo, non gli manca certo gente con i piedi buoni. Hanno eliminato una delle sorprese di questo mondiale: la Colombia è davvero un’ottima nazionale e averla superata lascia ben sperare. La semifinale però sarà dura: senza Thiago Silva squalificato e Neymar infortunato, ai verdeoro mancheranno due autentici pilastri. Sono però sicuro che spinti dal loro pubblico sapranno ancora di più tirare fuori grinta e tenacia.

Se la vedranno con la Germania. La solita Germania che arriva sempre in fondo. I tedeschi hanno in questi anni saputo ricostruire la loro nazionale e ora hanno una struttura consolidata: giocano da molto insieme e con lo stesso allenatore. Dal punto di vista del collettivo forse sono quelli più amalgamati e rodati. Contro il Brasile sarà come giocare una finale anticipata: ci sarà molta tensione, ma ho l’impressione che stavolta gran parte dell’esito dipenderà da Scolari: se riuscirà a capire che non ha un altro Neymar nella rosa e saprà intuire una diversa soluzione tattica, allora sarà in  grado di far spostare l’ago della bilancia.

Dall’altra parte del tabellone l’Olanda ha meritatamente superato la Costa Rica che rimane, comunque, l’altra grande sorpresa del torneo. Il portiere sudamericano in giornata di grazia ha costretto gli orange ad arrivare ai rigori e Van Gaal a tirare fuori dal cilindro il  clamoroso cambio di portiere all’ultimo minuto dei supplementari. Un’escalation di emozioni, tra occasioni, pali e rigori finali che ha fatto divertire tutti gli appassionati di calcio.

Lascio per ultima — per ragioni di cuore — l’Argentina. L’albiceleste c’è. Non stravince, non domina, ma ogni volta che attacca fa veramente paura e anche la difesa, sembra aver trovato una buona quadratura. Stavolta ha trovato un gran gol di Higuain, fantastico per rapidità di pensiero e di esecuzione: è il classico gol del grande attaccante che, anche a occhi chiusi, ha la perfetta consapevolezza di dove si trova la porta.

A conti fatti sono le semifinali giuste. E lasciano presagire incontri molto equilibra ti. Non credo che, a oggi, si possa prevedere un favorito e, come spesso capita a questi livelli, il risultato sarà probabilmente determinato da un dettaglio, da un particolare.

Anche per l’Argentina ci sarà un’assenza pesante, quella di Angel Di Maria, un giocatore fantastico che rappresentava una valida alternativa a Leo Messi nella fase inventiva del gioco. Vorrà dire che il numero 10 sarà ancora maggiormente responsabilizzato: ha tutte le qualità per sopportare questo carico. Ora, con la dolorosa assenza di Neymar, è il grande e assoluto protagonista del Mondiale. Peccato davvero per il brutto infortunio della stella brasiliana, non può che essere dispiaciuto per quanto gli è capitato. Tutti quanti siamo rimasti coinvolti dalle sue lacrime.

Già, le lacrime. Sono entrate di diritto tra i protagonisti del torneo. Prima si è tanto discusso delle lacrime di gioia dei calciatori brasiliani dopo la vittoria sul Cile, poi abbiamo purtroppo assistito alle lacrime di dolore di Neymar e Di Maria: dolore fisico, ma anche interiore per la consapevolezza di vedersi sfuggire il sogno sportivo di un mondiale giocato fino all’ultimo minuto. Infine le lacrime degli sconfitti. Al di là dei tanti interessi e dei tanti

chiunque ami il calcio, indipendentemente dai colori che sostiene, soldi che gli girano intorno, il calcio è un gioco e uno spettacolo fatto di emozioni. Emozioni per chi lo guarda, emozioni per i protagonisti. Siamo persone, e mostrare con sincerità le proprie  emozioni non è segno di debolezza. Ecco perché forse, finora, l’immagine più bella di questo mondiale non è un tiro, un dribbling o una parata, ma quella del difensore brasiliano David Luiz che invita il pubblico ad applaudire il giovanissimo talento James Rodríguez singhiozzante in mezzo al campo dopo la sconfitta. Lo sport a volte insegna anche questo: a saper perdere e a saper vincere. In ogni caso si esce più forti.

E visto che ho parlato di lacrime, non vorrei dimenticare lacrime ben più importanti: quelle fuori degli stadi. E magari proporre un’idea a chiunque giocherà la finale di questo mondiale: perché non pensare nel prossimo futuro a rigiocarla in un’amichevole il cui incasso possa andare a sostenere le famiglie e quanti vivono nelle favelas in Brasile? È l’idea di uno sport sempre più attento al mondo reale che lo circonda. Lo stesso principio per cui il 1° settembre si giocherà a Roma, voluta da Papa Francesco, una partita interreligiosa per la pace. Potrebbe essere un modo per asciugare qualche lacrima.

* Javier Zanetti è un dirigente sportivo ed ex calciatore argentino, e attuale vicepresidente dell'Inter.

Pubblicato sull'Osservatore Romano dell' 8 luglio 2014.
Foto: Osservatore Romano. Tutti i diritti riservati.

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