Uomini prima che campioni

uomini prima di campioni

Uomini prima che campioni. Modelli di riferimento prima che personaggi della ribalta. È una vera e propria «responsabilità sociale» quella che Papa Francesco ha indicato ai giocatori di calcio delle nazionali di Italia e Argentina ricevuti in udienza martedì mattina, 13 agosto, alla vigilia della partita amichevole in programma nella serata di mercoledì 14 allo stadio Olimpico di Roma.

«Voi siete molto popolari: la gente vi segue molto, non solo quando siete in campo ma anche fuori» ha detto rivolgendosi alle delegazioni delle due squadre durante l’incontro nella Sala Clementina. Da ciò deriva l’importanza di «dare esempio di lealtà, rispetto e altruismo», mantenendo nella pratica sportiva quello spirito da «dilettante» che «fa bene alla società» e «costruisce il bene comune a partire dai valori della gratuità, del cameratismo, della bellezza».

Anche ai dirigenti delle due nazionali il Pontefice ha chiesto di impegnarsi perché lo sport non diventi soltanto un «grande business» ma conservi la sua dimensione più autentica e umana, in modo da eliminare «definitivamente il pericolo della discriminazione» e della violenza negli stadi.

A tu per tu con il tifoso Bergoglio

Editoriale dell'Osservatore Romano

Parata di stelle del calcio italiano e argentino in Vaticano. Cornice straordinaria e inconsueta di questo appuntamento la Sala Clementina, dove alla vigilia del confronto amichevole in programma mercoledì 14 agosto allo stadio Olimpico di Roma, le delegazioni delle due squadre nazionali sono state ricevute da Papa Francesco. Emozione e gioia sui volti di campioni pure abituati ai riflettori della ribalta. L’udienza si svolge in un clima di grande familiarità, che diventa entusiasmo incontenibile al momento dei saluti che il Pontefice riserva ai singoli calciatori. 

Letteralmente travolto dall’abbraccio dei suoi connazionali — con i sediari che hanno il loro bel da fare per tenere a bada tutti — il Papa non perde l’occasione per sottolineare lo spirito di festa tipico degli argentini. «Ho visto che la squadra italiana e i tifosi italiani erano tutti in fila, mentre ho visto che gli argentini...» commenta riferendosi all’esuberanza dei giocatori dell’Albiceleste. «Ma — aggiunge divertito — questo è importante, perché qui in Vaticano mi rimproverano e dicono che io sono indiciplinato: adesso hanno visto la mia “razza”!». E si congeda chiedendo a tutti di pregare per lui, «perché — dice in spagnolo — possa giocare la partita della vita così come Dio vuole».

All’inizio dell’udienza, è Giancarlo Abete, presidente della Federazione italiana giuoco calcio (Figc), a rivolgere al Santo Padre parole di ringraziamento e a presentargli la realtà del mondo del calcio italiano: un milione e mezzo di tesserati, oltre quindicimila società, settantamila squadre, dai professionisti ai dilettanti, fino ai ragazzi del settore giovanile e scolastico, senza dimenticare gli arbitri e i tecnici. «Un calcio sano e pulito — assicura — nel quale i temi della solidarietà umana, dell’integrazione sociale senza alcuna distinzione, della difesa dei valori etici, del contrasto a qualsiasi forma di violenza e di illegalità devono trovare ogni giorno esempi concreti e spingerci a realizzare nuove iniziative». È questo, aggiunge, «il nostro impegno attraverso lo sport e il calcio, per contribuire alla promozione dell’uomo, nell’affermare la dignità e il rispetto della persona. Su questa strada ci guida il suo alto magistero, al quale guardiamo con speranza e fiducia, sapendo anche di poterla annoverare tra gli appassionati e gli estimatori del nostro sport». La delegazione italiana dona al Papa un pallone e una maglietta firmata da tutti i giocatori. Ma ciascuno di loro ha un piccolo pensiero personale da offrire al Pontefice al momento dei saluti individuali. 

A farsi portavoce dei sentimenti dei calciatori argentini è poi Julio Humberto Grondona, presidente della Asociación de fútbol argentino (Afa). «I dirigenti che mi accompagnano — dice — e i calciatori della nazionale rappresentano anche migliaia di bambini e migliaia di giovani che mentre sognano il loro futuro, ricevono dai loro club e dall’Afa salute, nutrimento e istruzione educativa, oltre alla formazione che offrono i loro maestri sportivi, sia tecnicamente, sia fisicamente». Anche la delegazione argentina dona al Pontefice una maglia con i colori della nazionale, firmata da tutti i giocatori e dall’equipe tecnica, con la scritta «Francisco». Al Papa viene presentato, tra l’altro, un numero della rivista dell’Afa dedicato a lui e una lettera nella quale viene descritto l’impegno e i progetti a favore dei giovani del Paese. In dono il Santo Padre riceve inoltre una copia lignea della statua di san Francesco d’Assisi, che si trova nella chiesa della struttura dell’Afa a Ezeiza (Buenos Aires), dove si allena la squadra nazionale. E tra i tanti regali ci sono anche una statua della Vergine di Luján, un quadro con lo stemma dell’Afa e la scritta El fútbol argentino todo, reza por tí Papa Francisco e la riproduzione della copertina della rivista «El gráfico» con l’immagine del Pontefice e la scritta: Venido desde el fin del mundo y con raices piamontesas. Ma tra tutti non passa certo inosservato il diploma per il conferimento al Papa del titolo di socio onorario della squadra del San Lorenzo de Almagro, l’undici di Buenos Aires del quale Bergoglio è tifoso sin da piccolo. Ed è lui stesso a ricordare quando con la mamma e il papà si recava allo stadio El Gasómetro per assistere alle partite del club rossoblù. «Tornavamo a casa felici — racconta — soprattutto durante il campionato del 1946», anno in cui il San Lorenzo vinse lo scudetto grazie alle prodezze dell’indimenticato goleador René Pontoni, soprannominato el ciclón: «Chissà se qualcuno di voi riuscirà a fare un gol come quello di Pontoni» esclama rivolgendosi ai giocatori.

Al termine dell’udienza, al Papa viene portato un ulivo che vuole simboleggiare la pace tra i popoli. Nell’anno santo del 2000 — ricorda monsignor Guillermo Javier Karcher — «l’allora arcivescovo di Buenos Aires, Jorge Mario Bergoglio, piantò un ulivo in Plaza de Mayo insieme con i rappresentanti di tutti le religioni e le confessioni cristiane e alla presenza di 7.000 ragazzi di diverse scuole». La pianta donata dalle nazionali di Argentina e Italia per rilanciare il messaggio di Papa Francesco verrà idealmente piantata nello stadio Olimpico prima della partita di mercoledì e dopo l’estate sarà definitivamente collocata nei Giardini Vaticani.

L'Osservatore Romano, 14 agosto 2013.

Tag Cloud

© Copyright 2011-2015  Pontificio Consiglio per i Laici | Mappa del Sito | Link Utili | Contatti

X

Dal 1 settembre 2016 il Pontificio Consiglio per i Laici

ha cessato la sua attività

e le sue competenze e funzioni sono state assunte dal

Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

 

www.laityfamilylife.va

 

TUTTO IL MATERIALE PUBBLICATO FINORA

CONTINUERÀ AD ESSERE ACCESSIBILE SU QUESTO SITO

CHE NON È PIÙ AGGIORNATO.