Nei giovani un immenso potenziale di bene

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Si è chiuso il 13 dicembre, a Roma, il convegno “Una Chiesa giovane, testimone della gioia del Vangelo”, organizzato dal Pontificio Consiglio per i Laici e dal Consiglio delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee). L’incontro ha visto la partecipazione di oltre 130 delegati delle Conferenze episcopali d’Europa, tra cui vescovi, responsabili, giovani e rappresentanti di associazioni, comunità e movimenti ecclesiali che lavorano nella pastorale giovanile.

Quest’ultima giornata è stata dedicata in particolare al tema Discepoli missionari nel mondo di oggi, introdotto dal prof. Franco Nembrini, rettore del Centro scolastico “La Traccia”, con una relazione dal titolo: Nei giovani c’è un immenso potenziale di bene e di capacità creative – come liberarlo?

Secondo Nembrini, molti educatori oggi sembrano quasi aver paura dei giovani: in effetti, però, questa generazione di giovani è quella che Dio ha voluto per questo nostro tempo; Lui li ama così come sono e così dovremmo fare tutti noi educatori. Sono dei giovani straordinari. Benedetto XVI diceva che “il cuore di giovani è infallibile”.

Una parola decisiva del cristianesimo è “desiderio”, come il desiderio di Zaccheo, di vedere Gesù: i giovani di oggi sono come tanti Zacchei o Maddalene, provano disagio o disgusto per la realtà che li circonda e hanno un profondo desiderio di bellezza.  Gesù non è passato oltre Zaccheo guardandolo con disprezzo – ha sottolineato Nembrini – ma si è fermato e gli ha chiesto di invitarlo a casa sua; è proprio questo l’atteggiamento che ogni educatore dovrebbe assumere nei confronti dei ragazzi.

I giovani di oggi sono spesso deboli e fragili: Benedetto XVI parla di una “generazione di orfani”, orfani di senso, di speranza, di un bene possibile, ma soprattutto di testimoni, di maestri, madri e padri che apprezzino il loro valore e che sappiano testimoniare che la vita è un bene grande.  Le difficoltà infatti nascono quando i giovani non si sentono accolti, ma piuttosto giudicati; quando non vedono altro che una realtà distorta e negativa. Bisogna quindi stargli accanto, amarli e accompagnarli senza chiedergli nulla in cambio, senza fare pressioni perché modifichino il loro modo di essere o facciano determinate scelte. Bisogna rispondere al loro desiderio di bene mostrandogli tutto ciò che bellezza, dargli un esempio di vita cristiana vissuta con gioia e coerenza, aiutarli ad “alzare la testa e vedere le stelle”.   

Tutta la pastorale giovanile in sostanza si risolve in un atto di realismo e umiltà, nel sostegno vicendevole lungo un cammino che non può essere uguale per tutti né privo di ostacoli. L’importante è far sentire ai giovani che è sempre possibile ricominciare, anche nelle situazioni apparentemente più complicate, e valorizzare le loro potenzialità di bene.

Dopo una serie di testimonianze sull’impegno missionario  dei giovani in diversi contesti ecclesiali e sociali, a tracciare un bilancio dei tre giorni di lavoro è stato il presidente del Pontificio Consiglio per i Laici, il cardinale Stanisław Ryłko. Nelle sue conclusioni ha ricordato che la gioventù di oggi ha bisogno della speranza e, parafrasando le parole di San Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato, ha ribadito che a loro volta i giovani sono la speranza della Chiesa e del successore di Pietro. Sono la speranza dell’Europa. La Chiesa conta sui giovani e questo è il messaggio di gioia che ciascuno dei delegati dovrà portare nell’ambiente in cui opera. Le sfide da affrontare sono tante, ha aggiunto il cardinale, e il principale nemico della pastorale giovanile è “il senso di impotenza”. Facile “cadere nella trappola della rassegnazione” che fa dire “non è possibile far niente. Questo convegno, invece, ha mostrato che non è vero. Nella Chiesa in Europa ci sono molte belle iniziative, purtroppo poco conosciute”. Da qui la necessità di lavorare in rete, di allacciare contatti, di scambiarsi idee, notizie, informazioni. Non c’è posto per la rassegnazione e per questo pericoloso senso di impotenza. Tante cose già si fanno e tante se ne potranno fare. C’è molta fantasia missionaria nei giovani.

Ma perché le cose non restino come sono, “qualcosa in noi deve cambiare”. E qui entra in gioco un concetto molto caro a Papa Francesco: la conversione pastorale, che ad avviso del cardinale, porta a ritrovare ciò che è essenziale nella pastorale giovanile. L’essenza della pastorale giovanile, ha spiegato il card. Ryłko, è far scoprire ai giovani che Cristo li guarda con amore, nonostante i loro difetti, debolezze e fragilità. Bisogna far scoprire ai giovani che Gesù è quel tesoro per cui vale la pena donare tutto e consacrare la propria vita.  La pastorale giovanile dovrebbe proporsi come un accompagnamento che rispetti la libertà di ciascun giovane: l’adulto non può sostituirsi alla sua libertà ma deve aiutarlo a maturare le proprie risposte. Ciascun giovane ha un ritmo proprio di maturazione al quale un bravo educatore deve sapersi adattare. Ma prima di tutto, ha ricordato il cardinale, occorre che l’operatore di pastorale giovanile sia testimone di un cristianesimo vissuto fino in fondo, perché i giovani si accorgono subito delle incoerenze nel comportamento degli adulti. E soprattutto, deve essere animato da “un’inquietudine profetica”. L’operatore di pastorale giovanile guarda oltre, non si ferma mai, non si chiude mai in un piccolo gruppo, non perde mai di vista quelli lontani. Ciascuno dei presenti dovrebbe tornare a casa con questo atteggiamento: essere inquieto e meno soddisfatto di quello che fa. Citando Papa Francesco, il cardinale ha spiegato che un pastore dei giovani dovrebbe essere una persona “decentrata”, ossia avere come centro non il proprio io ma Gesù. Chi vive decentrato è umile, ma anche coraggioso, perché sa che la sua forza non gli viene da se stesso e dai propri talenti, ma da Cristo.

Tre, infine, le piste di lavoro futuro –  “pietre miliari”, come le ha definite il cardinale – che attendono la pastorale giovanile. La prima è il Sinodo sulla famiglia: molti giovani non si sposano più e non sanno cosa sia il matrimonio, dunque il card. Ryłko ha raccomandato ai delegati di approfittare di questo periodo e dei contatti con i giovani per parlare loro della famiglia e del matrimonio come una vera scelta vocazionale. Seconda pista: Anno della vita consacrata. Approfittiamo di quest’anno – ha detto  il card. Ryłko – per proporre ai giovani anche la strada della vita religiosa, perché sappiamo che le vocazioni sono una sfida grandissima. Terza pista: la Gmg del 2016 a Cracovia, un itinerario spirituale incentrato sulla Misericordia e sulle orme di San Giovanni Paolo II.

Tre piste per un’unica missione, ha sottolineato il card. Ryłko: da questo convegno ognuno dovrà ripartire con un rinnovato senso missionario. È Cristo che dirà a ciascuno: “Ecco io vi mando, andate in tutta Europa e annunciate il Vangelo in particolare ai giovani”. E l’augurio del cardinale è che questa semina porti molti frutti.

Sulla necessità di lavorare in rete per allacciare contatti e scambiarsi idee si è soffermato anche padre Michel Remery, vice-segretario generale del Consiglio delle Conferenze episcopali d’Europa (Ccee) che nel suo intervento conclusivo ha sottolineato anche l’importanza di maggiori relazioni tra vescovi e giovani. “Cominciare a camminare con loro andando a trovarli dove vivono, conoscerli sempre di più. Oggi più che mai serve parlare ‘con’ loro e non ‘a’ loro, anche attraverso i social network, su Google,  essere ‘on line’ per raccontare loro il Vangelo”. Tre i punti da tenere sempre vivi: “essere positivi; non avere paura e passare tempo con i giovani. Ricordiamo sempre – ha detto il sacerdote rivolgendosi ai presenti – che il responsabile dei nostri progetti è Gesù”. Dal vice-segretario generale del Ccee anche un invito a tutti gli operatori impegnati nel campo della pastorale giovanile “a passare più tempo con i giovani. A volte – ha detto – abbiamo una tendenza a chiuderci nei nostri uffici, tra le nostre carte. Serve anche il contatto con le persone e parlare con loro. L’esempio che ci deve trainare è quello di Papa Francesco, perché, come ha detto una dei giovani presenti: ‘He truly rocks!’”.

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