Benedetto XVI scrive per "The Financial Times"

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Nella stalla di Betlemme un mondo nuovo già è cominciato

di Antonio Grappone

 

Il Santo Padre, accondiscendendo a una sorprendente richiesta, ha firmato un articolo sul numero del 20 dicembre 2012 del quotidiano britannico “Financial Times”, uno dei giornali finanziari più prestigiosi al mondo. La richiesta della redazione era motivata dall’uscita dell’ultimo volume della trilogia del papa su Gesù di Nazareth, dedicato ai vangeli dell’infanzia, in particolare per commentare le prossime feste natalizie. Benedetto XVI ha ripreso alcuni temi trattati nel libro, elaborandoli però alla luce dell’impostazione politico-finanziario che caratterizza il quotidiano.

L’articolo presenta una sintesi semplice, ma molto profonda della visione cristiana dell’impegno dei fedeli nella vita pubblica. Il Papa propone due concetti fondamentali per spiegare il ruolo dei cristiani nel mondo. Da un lato l’impegno per promuovere il bene comune, la giustizia e la pace, in particolare per tutelare le persone più deboli della società, collaborando con chiunque persegua gli stessi fini. Il principio antropologico che muove il cristiano è il riconoscimento dell’altissima dignità di ogni essere umano e della sua vocazione all’eternità. D’altra parte, però, i cristiani devono guardarsi dalle ideologie, a cui non possono aderire, se non rinunciando alla propria identità.

Benedetto XVI chiarisce cosa intende per ideologia commentando il famoso brano evangelico del tributo a Cesare. L’ideologia comporta una visione del mondo e dell’uomo per la quale la politica e l’economia prendono il posto di Dio. L’imperatore romano pretendeva appunto prerogative divine. Anche se consideriamo i tragici eventi del secolo da poco passato, segnato da guerre mondiali, lager e gulag, dall’umiliazione dell’uomo in nome di folli utopie, possiamo ben comprendere le parole del Papa. Ma, evidentemente, il Santo Padre guarda ai nostri giorni, alla tentazione sempre presente anche ai cristiani di oggi di aderire alle posizioni ideologiche più diffuse. Non si tratta soltanto delle ideologie che, come sopravvivenze del passato, ancora affliggono parecchi Paesi fuori del contesto europeo, che pure le aveva prodotte. Si tratta soprattutto di ideologie che si vanno imponendo oggi nelle società più avanzate, che prevalgono negli organismi internazionali, restringendo gli spazi di autentica democrazia, pur presentandosi come ultraliberali.

Se comprendiamo l’ermeneutica dell’ideologia proposta dal Santo Padre possiamo decifrare facilmente di cosa si tratti. L’ideologia vuole sostituire l’opera di Dio – la realtà stessa – con i progetti e l’azione dell’uomo. Le nuove ideologie sono facilmente riconoscibili per il fatto che vogliono impadronirsi di ciò che è oggettivamente indisponibile. Uno Stato che rivendica la potestà di negare il diritto alla vita di ogni essere umano, dal concepimento alla morte naturale, che pretende di cambiare la definizione di famiglia o di sottrarle il diritto a educare la prole, è uno Stato che vuole occupare il posto di Dio. Così, paradossalmente, l’ideologia del laicismo militante, nelle sue diverse forme, tende a promuovere uno Stato teocratico, uno Stato-Dio, esattamente come le vecchie ideologie del  ’900.

Benedetto XVI conclude con una forte nota di speranza. Come ai tempi del censimento di Augusto e della nascita di Gesù, ogni ideologia umana che pretende attributi divini, anche se è nuovissima, nasce vecchia, decrepita. È questo il significato che il Papa legge in tante rappresentazioni del presepio, dove Gesù viene fatto nascere tra le rovine dell’impero, che a quell’epoca in realtà era in pieno sviluppo. Non si tratta di un’inesattezza storica, ma di uno sguardo più profondo sulla realtà. Nella stalla di Betlemme un mondo nuovo già è cominciato, in modo apparentemente insignificante, ma assolutamente definitivo, relegando ciò che di falso c’è in questo mondo, che magari sembra in pieno rigoglio, in progresso inarrestabile, al passato remoto, alla vecchiezza del peccato, destinato a scomparire.

Un bel messaggio di verità e di speranza, non solo per i lettori del “Financial Times”!

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